Kenneth Loach è un regista politico, idealista ed ideologico, operaista. Uno che con la macchina da presa ha deciso di raccontare cosa si cela dietro al nostro benessere, al capitalismo galoppante di multinazionali e politiche governative di contenimento, dietro al rialzo dei profitti dei “padroni” e al ribasso, continuo ed esponenziale, degli “ultimi”. Nato a Nuneaton il 17 giugno del 1936, il suo arrivo alla recitazione e, soprattutto alla regia, è atipico. Giovanissimo si arruola nella Royal Air Force, a 25 anni si iscrive a Legge, a Oxford. Lì l’incontro fortuito e folgorante con il gruppo di teatro sperimentale dell’università, di cui diventa presidente praticamente subito. Sempre nel 1961, dopo qualche spettacolo teatrale a Birmingham, diventa anche regista televisivo per l’ABC e il secondo canale della BBC, dove la sua strada si incrocerà con quella del produttore Tony Garnett, socialista e impegnato come lui.
Con lui nascerà il Ken Loach cineasta che conosciamo, attraverso una chicca (in Italia, purtroppo, non è possibile vederla, ma vale la difficoltà della ricerca) come The Wednesday play, serie in 10 puntate di storie di finzione (i cosiddetti docu-drama) che raccontavano storie reali e verosimili di disagio sociale e lavorativo, con il fine di creare una consapevolezza profonda in proletari e ceto medio, inizio di una parabola cinematografica e politica che porterà ai suoi film più belli e alla nascita del movimento “Respect”, a sinistra di Blair e che l’ha portato, nell’Italia che osserva e visita da anni, a sostenere con forza la neonata formazione politica Sinistra critica (come Noam Chomsky, Gilbert Achcar, Howard Zinn, Daniel Bensaid e molti altri). Pardo d’onore a Locarno, Palma d’oro (con Il vento che accarezza l’erba) nel 2006 proprio a Cannes, ha consegnato tanti capolavori al cinema in particolare dagli anni ’90 in poi. Riff Raff (1991), Piovono Pietre (1993), Ladybird Ladybird (1994), Terra e libertà (1995), La canzone di Carla (1996), My name is Joe (1998), Bread and Roses (2000), Un bacio appassionato (2004), Il vento che accarezza l’erba (2006), In questo mondo libero… (2007) sono le tappe di una cinematografia vibrante e potente, che tratta da sempre tematiche fondamentali come lavoro, immigrazione, differenza di culture, lotta per la libertà, come ha fatto anche nel coraggioso e commovente corto nel film collettivo 11.09.01, in cui con una cine-lettera ricorda che un altro 11 settembre (nel 1973) squassò il mondo, quello in cui un golpe destituì e uccise Salvador Allende in Cile, provocando la conseguente strage di un popolo e una generazione. A Cannes 2009 arriva con un ex calciatore, un’icona di ribellione. Eric Cantona, che vivrà in Looking for Eric il ruolo di uno sbandato e quello di se stesso, che salverà il primo con consigli “perfetti”. A naso, sembra da non perdere.